La rosa turca
nell'oro del mattino
bagna la neve algida.
Tutto il mondo in silenzio
arrossisce
al riso di Demetra.
Incipit
Il viaggio di Demetra
[...]
Ho aperto la finestra: era già blu la sera. L'aria portava verde nel cuore dell'oscurità la fragranza dei prati a primavera. Quando nel pomeriggio uscivo di casa m'investiva inatteso una specie di tepore. E ancora, ripensandoci più tardi, trovavo in quell'aerea sollecitazione tante altre sensazioni di memoria: di quando ancora troppo giovane la vita a venire era per me erotico presentimento in sensibili fragranze, del tutto estranee alla mia realtà di allora. Contenta oggi, che nulla di tutto quello sia andato perduto.
Stamattina tu scrivevi con meraviglia di questo clima mite, inusuale per questi luoghi in questa parte dell'anno. Ma può accadere a volte d'inverno, che giungano anche qui certe giornate di aria nuova portate dal vento di grecale: si rifrangono per tutte le direzioni del cielo, danzano i loro mulinelli di correnti e di aromi, fino a contagiare la terra di un'irrefrenabile spinta all'autorigenerazione. Se questa è primavera, forse il nome non dice la stagione soltanto come una parte fissa del tempo ciclico, ma una vena sepolta di rinascita sempre all'opera, quando ce n'è bisogno, in ogni organismo di natura mortale. Penso che queste giornate inedite di fragranze e di luce, siano per noi ancora i doni misteriosi di Demetra.
bologna. Gennaio 2012.
Anamnesi
Di notte. Si aggira per la casa nella semioscurità: le braccia nude strette intorno al corpo, lo sguardo attonito. In cerca. Fra la cucina e la camera, non vista ---Chi è lei? Chi sa di non appartenere a tutte quelle cose nella casa, a queste mura ospitali, a questi amori?
Nello specchio illuminato, gli occhi che la riguardano sono soltanto i miei.
Deportata la figlia, lontano dalla Madre manca lo sguardo in cui potersi ritrovare. Delle "due dee" anche l'ultima venuta nel corpo della donna ha perduto ormai il riposo e la gioia.
Una lettera.
Carissima,
ho incominciato da ieri a tenere un diario notturno dove annoto gli ultimi barlumi di coscienza, frammenti di voci che premono alla mia mente fino al momento in cui mi trovo addormentata. E' qualche tempo infatti che la Madre si è rimessa in viaggio in cerca della figlia, in tutte le ore si addentra in questi luoghi dove sa di poterla ritrovare. La kore sposa ---dove altro se non dentro una casa, nella dimora domestica accanto al marito?
Ieri dopo il pranzo mi concedevo una lettura di riposo: l'Inno a Demetra, di Omero. Ho continuato la lettura fino alle ultime parole dell'Inno. Richiuso il libro, mi sorprendevo ad osservare i disegni nella tenda alla finestra. Nella sua trama la combinazione delle forme di foglie, di fiori facevano il paio nella mia mente con le coincidenze di figure che disseminano una vita. Sentivo all'opera dentro di me la potenza sottile della parola di Omero, la sua poesia liturgica capace di creare altri mondi del sentire. Era passato anche il mal di testa che mi affliggeva da giorni.
Guarda intorno la Madre, ma è in se stessa che riecheggia il lamento della figlia. Patisce la Madre il dolore della figlia, ma secondo una legge differente. La Madre sa -pur avendo rifuggito l'offesa -conosce il gelo della deportazione, le cicatrici della vana attesa. Si direbbe per questo che venga a lei una disperazione fresca, germinale, che ad occhi aperti direttamente attinga alla fonte dell'orrore.
Amica mia, stanotte mi domando per quali vie sepolte e poi dimenticate riaffiori in me la vena della più profonda inquietudine.
Ti bacio.
bologna. Dicembre 2007
Atto di dolore
(La kore sposa)
Madre.
Così distolta dal tuo sguardo
E sola
Non ho creduto alla paura
Che mi metteva l’Inferno,
Che mi serrava le viscere,
Che già mi aveva derubato il passo.
Poi,
Quando il mio gesto
Ai polsi ha rinunciato
Alla sua volontà
Di compiersi
—allora ho visto
E ho creduto
Alla mia fine.bologna. 31 maggio 2013.
Risvegliarsi all'Inferno
Più che lasciare,
Vale la pena la vita intera
Durare —dall’Inferno,
Distinguere e separare
Quello che Inferno
Ancora
Non è.bologna. 2 giugno 2013.
Sisterhood
Sguardo che affonda nell’assenza di parole
Occhio che beve alla tua tenebra
Che intercetta abbandoni
E albe livide.
Soltanto per te.Cosa domanda la tua assenza
Che la voce sola non può?
Come lanciarti queste braccia
Per impedire a te
A me
Di annegare?lecce. 25 giugno 2013
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Contatti: rosaturca@iperbole.bologna.it
"Incipit" testi e immagine sono creazioni originali di rosaturca.